Intervista a Veronica Biglia, Rappresentante degli Atleti
Terza intervista ai membri del Consiglio Regionale del Comitato Paralimpico Piemonte.

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Concludiamo il ciclo di interviste ai consiglieri regionali con Veronica Biglia, Rappresentante degli Atleti. Veronica, alessandrina classe ’88, ha partecipato alle ultime due paralimpiadi di Tokyo e Parigi, piazzandosi in entrambe le occasioni al sesto posto nella Canoa paralimpica per la classe sportiva VL2.
Veronica, quali sono le tue priorità per questo nuovo mandato all’interno del Comitato Paralimpico Piemonte?
Il mio obiettivo principale è dare voce agli atleti. Voglio rappresentare le loro esigenze in modo concreto, far arrivare i messaggi giusti dove si prendono le decisioni. Mi sta molto a cuore creare un ambiente dove tutti si sentano accolti, valorizzati e parte di un gruppo vero. Lo sport per me è soprattutto inclusione: nessuno deve sentirsi escluso o lasciato indietro, a qualsiasi livello. Credo molto nella forza del gruppo e nell’armonia tra compagni, perché solo così si cresce davvero, come persone e come atleti.
Che importanza attribuisci alla collaborazione con enti locali, scuole e federazioni?
È fondamentale. Nessuno riesce a fare tutto da solo, servono collaborazioni solide per costruire qualcosa di duraturo. Le scuole sono il punto di partenza per avvicinare i giovani allo sport e far passare fin da subito il messaggio dell’inclusione. Le federazioni, invece, ci aiutano a strutturare percorsi sportivi seri, anche a livello agonistico. E gli enti locali sono alleati preziosi per mettere in campo progetti sul territorio. Se tutti remiamo nella stessa direzione, possiamo fare davvero la differenza.
Ci sono progetti specifici che vorresti proporre o sostenere durante il tuo mandato?
Sì, mi piacerebbe sostenere iniziative che aiutino le persone con disabilità a scoprire lo sport, anche partendo da zero. A volte bastano informazioni chiare e un primo contatto con l’ambiente giusto per far scattare qualcosa. Un altro punto a cui tengo è creare momenti di confronto tra noi atleti, anche solo per parlarci, scambiarci esperienze, sostenerci. Avere un gruppo unito fa bene a tutti, e rafforza anche il senso di appartenenza al movimento paralimpico.
Quali azioni ritieni prioritarie per favorire una maggiore inclusione delle persone con disabilità nello sport?
Bisogna lavorare su più fronti: accessibilità, informazione e accoglienza. È importante che chi vuole fare sport sappia dove andare e trovi persone preparate ad accoglierlo. Ma conta tantissimo anche il clima che si respira all’interno dei gruppi sportivi. Per me l’inclusione vera è quando ogni atleta si sente parte di un gruppo che lo rispetta e lo sostiene. Non bastano le strutture accessibili se poi manca lo spirito giusto. Lo sport deve unire, mai dividere.
Come si possono superare le barriere ancora presenti tra sport, disabilità e società civile?
Facendoci conoscere, raccontando chi siamo e cosa facciamo. Lo sport paralimpico ha storie incredibili da condividere, e più le persone ci vedono in azione, più si abbattono pregiudizi e paure. Bisogna anche creare occasioni di incontro tra atleti con e senza disabilità: allenarsi insieme, vivere insieme lo sport, è il modo migliore per creare legami e abbattere barriere. Alla fine, siamo tutti parte della stessa squadra. E quando si lavora in armonia, i risultati arrivano per tutti.